Argentina – “Re Leone” Milei il candidato favorito alla presidenza

“El Peluco”, il capellone, ha sbaragliato imprevedibilmente, per voti e consensi, tutti gli avversari politici nel primo turno elettorale –

di Redazione – 17 Agosto 2023 – 17:56

MILEI CANDIDATO PRESIDENZA ARGENTINA

Argentina – “Re Leone” Milei il candidato favorito alla presidenza

“Non sono venuto a guidare gli agnelli, sono venuto a svegliare i leoni”. Questa la dirompente, imprevedibile dichiarazione, di grande risonanza mediatica, pronunciata con durezza dal candidato alle presidenziali Javier Milei in ogni manifestazione elettorale delle recentissime elezioni primarie per la nomina a presidente della Repubblica  argentina. Un biglietto di presentazione, il suo, personale, molto diretto, indirizzato a tutti gli elettori argentini, in occasione del primo turno delle elezioni disputatesi nella repubblica federale sudamericana.

Tornata elettorale quella in Argentina, dove il candidato ha sbaragliato imprevedibilmente, per voti e consensi, tutti gli avversari politici candidatisi in tale occasione.

Mentre la politica e la stampa internazionale già avevano avuto sentore di quello che sarebbe diventato il fenomeno Milei, quale candidato al primo turno delle presidenziali nella nazione sudamericana, in Italia, come da prassi, questo sentore è rimasto e continua a rimanere sopito.

Nessuna novità in questa scarsa lungimiranza e avvedutezza della politica italiana per quanto concerne l’America Latina e soprattutto, in particolare, per l’Argentina, dove risiedono stabilmente oltre 25 milioni di discendenti di italiani, tra cittadini di passaporto e oriundi, su un totale attuale di 46 milioni di abitanti.

Molto aspro nelle sue apparizioni pubbliche l’aspirante alla presidenza della Repubblica argentina Javier Milei, esplicito e senza mezze misure nella comunicazione delle sue idee alla gente e di come vorrà porsi sul piano politico alla guida del Paese se lo voteranno.

Milei, che si definisce un anarco-capitalista, mira ad uno Stato poco ingombrante, riducendo al minimo la sua presenza con i ministeri e realizzando contestualmente un massiccio taglio di spese e tasse nel Paese. Risulta intenzionato, inoltre, come suo primo atto politico, se eletto, a fare del dollaro la moneta di corso legale nel Paese, provvedendo contestualmente all’immediata chiusura del “Banco Central de la Republica Argentina”-BCRA, un’istituzione autarchica dello Stato Nazionale.

El “Peluco”, il capellone, come in modo pittoresco viene definito nel Paese il candidato argentino per la sua folta capigliatura leonina, ultraliberista quale è, nelle sue dichiarazioni sottolinea riferendosi all’Istituto di Credito “che se la Banca Centrale emette moneta, provoca danni, se si attiva per controllare la moneta, fa altri danni e che quindi l’unica soluzione efficace per evitare che si prosegua a provocare tali danni è quella di chiuderla definitivamente per eliminare alla radice ulteriori rischi alla nazione”.

I programmi annunciati da Javier Milei, particolarmente dirompenti nei confronti dell’attuale politica argentina, irritano e allarmano l’establishment politico ancora alla guida del paese e quanti di essi si sono proposti elettoralmente a divenire una futura guida nel Paese.

Ma analizziamo quanto è successo in queste ultime primarie elettorali e quali sono i candidati ed i partiti che lo osteggiano cercando di bloccarlo.

Javie Milei, el Peluco, 52 anni, con la sua folta e appariscente capigliatura leonina che, non a caso, per ovvii motivi identitari ha posto il re della foresta come simbolo del suo partito “LA LIBERTAD AVANZA (LIBERTA’ AVANZA)”, ha ottenuto a sorpresa il 30% dei voti, ed è divenuto quindi il candidato più favorito alla presidenza dell’Argentina, battendo “JUNTOS POR EL CAMBIO (UNITI PER IL CAMBIAMENTO)”, il partito di centrodestra guidato da Patricia Bullrich, (partito rinominato simpaticamente dal Milei “Uniti per l’Incarico”) che si è fermato al 28,3% dei voti. Solo terzo in graduatoria, con il 27,3% dei voti, il candidato peronista e attuale ministro dell’Economia, Sergio Massa, di “UNION POR LA PATRIA (UNIONE PER LA PATRIA)”.

I partiti tradizionali sono quindi usciti con le ossa rotte nella prima competizione. Il successivo turno, quello finale delle elezioni presidenziali, si terrà il prossimo 22 ottobre. Vincerà chi prenderà più del 45% dei voti o supererà di 10 punti percentuali il secondo arrivato. Se nessuno ce la farà, il 19 novembre di quest’anno si terrà il ballottaggio fra i due primi classificati. Poiché alle primarie hanno disertato le urne ben 14 milioni di elettori, sui media argentini si rivolge un continuo appello alla gente per andare a votare alle presidenziali cercando d’impedire la vittoria a Milei.

Javier Milei ha scombinato i piani dei due schieramenti politici tradizionali con una campagna elettorale anticonformista considerata piuttosto folle e con un programma elettorale ritenuto dagli osservatori oltremodo audace.

Nota di colore riportata in evidenza sui media Sudamericani, l’originale comportamento adottato da Milei nel suo comizio di chiusura, dove il possibile, futuro presidente si è messo addirittura a cantare un noto tema musicale nel Paese dal titolo Panic Show con il seguente testo da lui parzialmente modificato: “Yo soy el leon (Io sono il leone)/Rugiò la bestia en medio de la avenida (Ruggì la bestia in mezzo del viale)/Corrio la casta sin entender (Ho gestito la casta senza capire)/Panic show en plena luz del dia (Spettacolo di panico in pieno girono)/Por favor, no huyan de mi (Per favore non scappate da me)/Yo soy el Rey de un mundo perdido (Io sono il Re di un mondo perduto)/Soy el Rey, te devoraré (Io sono il Re, ti divorerò)/Toda la casta es de mi apetito! (Tutta la casta stimola il mio appetito!)/Viva la Libertad, carajo! (Viva la Libertà, dannazione!)”.

La situazione attuale in Argentina, Paese con un potenziale ricchissimo con i suoi 46 milioni di abitanti, è divenuta a causa della mala politica attuata, più grama del solito. L’inflazione è al 116%, quattro argentini su 10 vivono in povertà e il peso, la moneta corrente, è praticamente privo di valore. Il tasso di cambio ufficiale è di 287 pesos per dollaro, mentre il tasso di fluttuazione libera, il cosiddetto “Dolar Blue”, è più del doppio. Una fonte ufficiale ha di recente rivelato che il peso sarà svalutato del 20% a 350 pesos per dollaro, mentre il tasso di interesse di riferimento salirà al 118% dal suo precedente valore collocato al 97%.

Si consideri, infine, per comprendere meglio il Paese e la sua importanza nello scacchiere internazionale, che l’Argentina è attualmente il maggior debitore del Fondo Monetario Internazionale-FMI, con un programma da 44 miliardi di dollari approvato nel marzo dello scorso anno per rifinanziare un prestito del 2018. A corto di liquidità, l’Argentina ha dovuto quindi attingere a una linea di “Swap cinese” (un accordo tra le due banche centrali per lo scambio delle relative valute) e successivamente ottenere un prestito dal Qatar, per ripagare il debito con il FMI. Il governo argentino ha poi recentemente trovato un accordo con il Fondo Monetario Internazionale per sbloccare 7,5 miliardi di dollari, ma è ancora in attesa dell’approvazione da parte del board del Fmi, prevista per la seconda metà di agosto.

Nella circostanza, sorprendente la mancata presenza di un politico italiano o europeo per progettare con i candidati alla Presidenza della Repubblica, quelli ritenuti possibili vincenti, future strategie di raccordo tra Italia ed Argentina e la previsione di nuovi assetti internazionali tra paesi europei e quelli latino-americani.

Riteniamo che sia sfuggito loro la particolarità dell’attuale situazione internazionale. Si è dimenticato, purtroppo, il ruolo e l’importanza giocati da quell’altra Italia, caratterizzata da oltre 70 milioni di persone residenti stabilmente in tutto il mondo, tra cittadini italiani e oriundi, dei quali la maggior parte, 26 milioni risultano viventi nella sola Argentina. Consentendo in tal modo alle  nazioni aderenti al CELAC-Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (33 dei paesi sovrani nelle Americhe eccettuati Canada e Stati Uniti), tra cui la stessa Argentina, di poter tranquillamente aderire se lo riterrà conveniente al BRICS, acronimo usato in economia internazionale per riferirsi ai raggruppamento geopolitico di paesi quali Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa.

E sempre a tale riguardo, risultano importanti le date dei giorni dal 22 al  24 di questo mese di agosto, per il XV vertice dei Brics che si terrà a Johannesburg in Sud Africa, dove saranno presenti tutti i capi di governo dei 5 paesi membri, ad eccezione di Vladimir Putin.

Da notare che i paesi aderenti al BRICS sono in particolare quelli che condividono una situazione economica in via di sviluppo ed abbondanti risorse naturali strategiche e, soprattutto, risultano caratterizzati da una forte crescita del prodotto interno lordo (PIL) e della quota nel commercio mondiale. Le economie di tali paesi si propongono di costruire un sistema commerciale globale, attraverso accordi bilaterali, che non siano basati esclusivamente sul petrodollaro. Uno degli obiettivi fondamentali dei BRICS risulta infatti fondato sulla de-dollarizzazione del mercato finanziario globale.

Quali i motivi allora dell’invito e della presenza dell’Argentina a questo importante vertice?

L’interrogativo posto, purtroppo, sembra interessare maldestramente poco alla nostra politica ed in particolare a quella europea, pur con la sua rilevanza strategica nel caso di una possibile adesione del CELAC al BRICS nei futuri assetti internazionali.

Concludiamo segnalando la presenza in Argentina, in occasione delle primarie elettorali per la presidenza della Repubblica e per la nomina di Governatore di Buenos Aires, di due politici italiani. Quella di un alto dirigente del ministero degli Esteri, Luigi Maria Vignali (dal 2017 direttore generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie) e dell’ex senatore Ricardo Merlo, vertice del partito Maie, da lui fondato.

Visita di piacere, per il primo, a spese come sempre della collettività, incarico ufficiale da parte del ministro Tajani, o obbligo d’ufficio per visite di controllo in ambasciata o consolati sui brogli e la vendita al loro interno dei turni di appuntamento?

Non è dato saperlo, visto il silenzio profondo da parte del MAECI e del suo direttore giramondo.

Quanto all’ex senatore Ricardo Merlo, la sua presenza accanto al candidato a Governatore di Buenos Aires (città tra le più ricche e importanti del paese), Jorge Macri, cugino dell’ex presidente della Repubblica argentina Mauricio Macri, uomo tra i più doviziosi del paese, si spiega facilmente. In queste occasioni, l’ex senatore Merlo non manca mai, aspirando, in cambio dell’aiuto economico fornito al candidato sindaco, alle primarie elettorali del 13 agosto scorso, posti di rilievo per lui o per sue persone.

Forte dei rapporti con i vertici politici italiani, Merlo aspira a tenere saldamente in pugno e ad influenzare, nelle posizioni di potere che riuscirà ad ottenere, i futuri rapporti politici tra Italia ed Argentina. Evidentemente non si accontenta più dei notevoli profitti e dei risultati economici conseguiti grazie agli appalti ricevuti in Italia. Quelli per la costruzione di ambasciate e consolati realizzati all’estero, non senza crearsi, come accaduto, conseguenti problemi giudiziari.

Ma tant’è, ormai tutto è consentito nel nostro disastrato paese, grazie alla politica. Persino la possibilità di continuare a sedere nel seggio di parlamentare nelle nostre Camere, pur se oggetti di numerose denunce circostanziate di brogli elettorali compiuti.

Una lode entusiastica, allora, a tale riguardo, va doverosamente tributata alla Giunta delle Elezioni di Camera e Senato, soprattutto per il loro obbiettivo, poco politicizzato, veloce e tempestivo lavoro di controllo effettuato.

Pier Francesco Corso